Nel nostro Borgo Offagna, tra chiacchiere sincere e risate spontanee, nasce spesso quel magico intreccio tra amicizia e lavoro. È proprio in questo spirito amichevole che ho avuto il piacere di scambiare qualche parola con Andrea Bevilacqua, giornalista di Ancona, per riflettere insieme sul tema che ci tocca tutti da vicino: la comunicazione oggi, in un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale.
1. Andrea, se dovessi descrivere la comunicazione di oggi con un piatto delle nostre terre, quale sarebbe e perché?
Iniziamo subito col cibo, eh? Se dovessi descrivere la comunicazione di oggi con un piatto tipico delle nostre magnifiche Marche, sceglierei i Vincisgrassi. Come questa straordinaria creazione culinaria, la comunicazione è fatta di più livelli (o strati) e richiede un perfetto equilibrio. Se gli elementi che la compongono vengono sbilanciati, il risultato è un messaggio inefficace e privo di armonia, rendendolo inutilizzabile per qualsiasi campagna promozionale.
2.C’è stato un momento nella tua carriera in cui hai sentito che le parole non bastavano più? Come è andata e come l’hai superata?
Mi è successo più volte. La comunicazione moderna è decisamente più veloce e frenetica rispetto al passato, e spesso le parole possono sembrare vuote e inefficaci. La mia soluzione? Spegnere tutto, uscire e prendere un caffè, da solo o in compagnia. Osservare la vita che scorre oltre lo schermo del computer e dello smartphone, confrontarsi con le persone, è il modo migliore per riequilibrare la mente e trovare nuovi spunti. Uscire dall’ufficio alle 10, senza smartphone né PC, e vedere cosa accade fuori si è spesso rivelato un metodo efficace per me.
3. Immagina di poter scegliere solo tre strumenti per comunicare per un mese: quali sarebbero e quali invece bandiresti senza rimpianti?
Bandirei social media, call interminabili e email, perché creano più distrazione che valore. Terrei invece la scrittura (a mano e digitale), per esprimere pensieri in modo chiaro e profondo, la voce, per trasmettere emozioni autentiche, e il contatto umano, perché nulla può sostituire una conversazione faccia a faccia.
4. Hai mai provato a scrivere un articolo interamente a mano e poi trascriverlo? Che differenza hai notato, se l’hai fatto? E se non l’hai mai fatto, ti incuriosisce l’idea?
L’ho fatto più volte, perché ritengo che sia importantissimo mantenere attiva la volontà di scrivere a mano. Differenze? Ho notato che scrivendo a mano stimolo maggiormente il cervello e la memoria… dovrei farlo più spesso forse.
5. C’è una domanda che nessuno ti ha mai fatto sulla comunicazione e che invece vorresti ricevere? Se sì, qual è?
Mi piacerebbe che mi si chiedesse: ‘Qual è l’errore più pericoloso che si possa commettere in ambito comunicativo?’. La risposta potrebbe sorprendere, perché l’errore spesso non risiede nel messaggio stesso, ma nell’incapacità di ascoltare e comprendere le reali necessità delle persone (o del target) a cui il messaggio è destinato.
6. La comunicazione è un gioco? Hai mai pensato che comunicare sia come entrare in un video game?
Ogni sfida è un gioco: si vince o si impara. La comunicazione è una sfida che richiede ragionamento, capacità analitiche e una sana dose di follia. A pensarci bene, potrebbe essere paragonata a un videogioco. Non ci avevo mai riflettuto, ma proprio come nei videogame, nella comunicazione ci sono strumenti (o skill) da acquisire, mini-sfide da superare e un boss di fine livello spietato, pronto a metterti alla prova.
7. Domani mattina ci svegliamo e un’onda elettromagnetica ha reso vano il lavoro degli ultimi decenni nel comunicare. Torneremo ad usare lettere e postini?
I primi giorni sarebbero sicuramente disastrosi, e molti si troverebbero in crisi d’astinenza. Tuttavia, l’essere umano ha sempre dimostrato una straordinaria capacità di adattamento, come testimonia la nostra storia evolutiva. Per un periodo torneremmo alle care vecchie abitudini, affidandoci a lettere, postini e magari persino a piccioni viaggiatori. Poi, inevitabilmente, troveremmo il modo di ripristinare le nostre abitudini comunicative digitali.
8. Hai mai avuto la tentazione di non comunicare affatto, di restare in silenzio per un periodo? Cosa hai scoperto, se ci hai provato?
In questo caso mi rifaccio alle parole di Pietro Trabucchi, psicologo e scrittore italiano, che nei suoi testi sottolinea l’importanza del silenzio nella riduzione quantitativa e qualitativa della comunicazione. Ogni tanto, faccio fare un passo indietro al mio ego e mi concedo un ‘silenzio stampa’ assordante. Limitando la quantità di cose comunicate, ho dato valore al mio silenzio e, di conseguenza, alle parole pronunciate una volta interrotto quel silenzio. In sintesi, bisogna parlare solo quando si ha davvero qualcosa da dire… un po’ di silenzio non ha mai fatto male a nessuno. La notte è perfetta: il silenzio che avvolge le case e pervade le strade è un vero toccasana. Per questo motivo, quando lavoro a un libro o a un nuovo progetto, preferisco farlo di notte. Mi permette di scrivere e pensare in modo decisamente più produttivo.
9. Se dovessi inventare un nuovo modo di comunicare che non prevede né parole né immagini, quale sarebbe? Descrivilo come se stessi spiegandolo a un milanese curioso.
Milanese curioso! Se dovessi inventare un modo di comunicazione che escluda parole e immagini, farei ricorso a uno degli strumenti più ancestrali: il suono. Prima della parola e delle rappresentazioni visive, l’uomo comunicava attraverso gesti e suoni. Ancora oggi, la musica (con o senza parole) ha il potere di trasmettere emozioni e sentimenti profondi, dove anche una singola nota può fare la differenza. Basti pensare alle Quattro Stagioni di Vivaldi: chiudendo gli occhi e ascoltando attentamente la musica, è possibile visualizzare nella propria mente la stagione che l’orchestra sta interpretando.
Alla fine, tra un Vincisgrasso e un caffè, abbiamo capito che comunicare è un’arte sottile, fatta di equilibrio, ascolto e un pizzico di follia. E se l’AI ci mette un po’ in crisi, forse è il momento di spegnere tutto e tornare a parlare, guardandoci negli occhi… o almeno a scrivere a mano una bella lettera, prima che i piccioni viaggiatori tornino di moda!
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